L'unico bacio

I due birri adagiarono la donna. Libere dalla corda, le braccia slogate penzolarono inermi. Due rami secchi mossi dal vento gelido della crudeltà.

Francesca non avvertiva dolore.

La patina della pazzia provocata dal terrore le aveva intorpidito i nervi e, dopo i primi tormenti, aveva deciso di rinunciare a sentire il male. Aveva scelto un punto rosso scuro sul pavimento. Una macchia di sangue su una lastra di pietra basaltica. Su quel punto si era abbandonata e da lì se n’era andata senza più esprimere nulla, salvo la sua assenza. Il tribunale era riuscito ad annullare il corpo ma dentro, nascosta senza sapere dove, manteneva ancora una scintilla di vita. Le gettarono addosso la veste e la sollevarono di peso per portarla fuori, usandole una cortesia inaspettata. La sua anima ebbe un sussulto su questo particolare. Riaccese lentamente gli occhi.

 

Rivisse la successione dei fatti. Il giorno prima. La prigione. Le ore immobili con  la testa compressa tra le mani e lo sguardo a fissare il nulla che era dappertutto e da nessuna parte. I pensieri che si erano depositati sul fondo dell’anima come la melma molle e putrida degli stagni. Il respiro lento e profondo, l’odore della cella, l’odore del buio che sapeva soltanto di fiato, di muffa, di urina, di angoscia. L’odore della colpa e del peccato. Le guardie che l’avevano prelevata e accompagnata lungo la chiocciola di scalini grezzi fino in fondo alla torre, nelle viscere del monte.

 

          leggi tutto